IL CROLLO DEL DARWINISMO E LA REALTÀ DELLA CREAZIONE

Introduzione



Copernico demolì il modello geocentrico che dell’Universo, adottato dalla Chiesa Cattolica. Il nuovo modello descriveva la Terra solo come parte del Sistema Solare.
Nel corso degli anni gli uomini hanno osservato l’universo cercando di svelarne i segreti. Per rispondere ad alcune spinose domande, molti scienziati hanno fatto delle scoperte, importanti, considerando le limitazioni proprie di quei tempi,altri sono diventati famosi per la loro epoca; tuttavia le affermazioni da loro fatte, col tempo, si sono dimostrate errori scientifici.
Claudio Tolomeo era uno scienziato e filosofo del II secolo D.C. vissuto ad Alessandria quando questa era il centro della ricerca scientifica. Egli osservò i cieli per apprendere tutto il possibile sull’universo e il posto della Terra in esso, riflettendo sui movimenti del sole, della luna e delle stelle. Alla fine concluse che la terra dovesse essere il centro dell’universo. Secondo la sua teoria, la Terra era immobile e il sole, la luna e le stelle le ruotavano tutte attorno. Ai suoi scritti fu prestata molta attenzione, furono tradotti in molte lingue ed ebbero una grande influenza, specialmente sulla cultura Europea. La Chiesa Cattolica prese come base della sua teologia il modello geocentrico di Tolomeo . Dopo poco tempo alcuni si accorsero che nella sua teoria vi erano delle discordanze, ma furono costretti al silenzio data la grande popolarità goduta da Tolomeo. Una volta notate, però, queste discordanze non poterono più essere tanto facilmente ignorate. Nel XV secolo, Copernico mostrò gli errori insiti nelle idee di Tolomeo e prese fermamente posizione contro l’idea di un universo geocentrico. Col passare dei secoli si capì che la Terra era un pianeta che ruotava intorno al sole, che il sole altro non era che una tra i milioni di altre stelle nella Via Lattea, e che la Via Lattea era giusto un esempio di altre innumerevoli galassie composte da stelle.
Gli uomini sono sempre stati affascinati dal fuoco e dalle fiamme che sprigiona, ma i segreti del fuoco non erano ancora stati scoperti. Verso la fine del 1600 uno scienziato tedesco, G.E. Stahl, tentò di scoprire l’origine del fuoco. Come risultato dei suoi esperimenti Stahl ipotizzò che il fuoco fosse causato da un’invisibile sostanza chiamata phlogiston, che riteneva potesse penetrare ed emergere dagli oggetti. Qualsiasi oggetto che contenesse phlogiston bruciava rapidamente, mentre le sostanze in cui mancava non bruciavano affatto. Si pensava che il fumo, che scaturiva da un oggetto mentre bruciava, fosse un’espulsione di phlogiston dall’oggetto stesso, dato che il materiale che bruciava si riduceva e si indeboliva. Si credeva inoltre che, soffocando il materiale che bruciava, si impedisse l’espulsione del phlogiston, e perciò il fuoco si estinguesse. Ma col tempo venne osservato che i metalli non si riducono né si indeboliscono quando bruciano, ed emerse così qualche dubbio circa la realtà del phlogiston.
Verso la fine del XVIII secolo, si capì che l’atmosfera era un composto di parecchi gas, diversi tra loro. Mentre si cercava di spiegare i vari modi in cui questi gas bruciavano secondo la teoria del phlogiston, degli esperimenti condotti con l’ossigeno dimostrarono l’invalidità di questa teoria. Nell’osservare del metallo che bruciava nell’ossigeno, Antoine Lavoisier, uno scienziato francese, scoprì che il peso del metallo che bruciava aumentava, mentre la quantità dell’ossigeno diminuiva. I suoi esperimenti dimostrarono l’origine del fuoco. Gli oggetti bruciano quando assorbono l’ossigeno. L’ipotetica sostanza chiamata phlogiston non era mai esistita!

Luigi Galvani
Le rane furono anche oggetto di un errore scientifico che ingannò gli evoluzionisti.

Un altro esempio di uno errore scientifico storico è la “spiegazione” dell’origine dell’elettricità. Negli anni ’80 del XVIII il medico italiano Luigi Galvani condusse degli esperimenti sugli animali ed improvvisamente si imbatté in una nuova fonte di elettricità – o almeno egli così credette. Nei suoi esperimenti con le rane, vide che i muscoli delle zampe della rana si contraevano quando entravano in contatto con il metallo. Arrivò perciò alla conclusione che il metallo estraesse l’elettricità dai muscoli e dai nervi degli animali.

Dopo lungo tempo si capì che il “flogisto” non era affatto la causa del fuoco..
Galvani aveva condotto l’esperimento su una singola zampa con un singolo pezzo di metallo. Tuttavia, Alessandro Volta, suo collega, intuì la vera spiegazione dell’esperimento e iniziò a sua volta a lavorare sull’argomento. Attaccò due estremità di un cavo alla zampa della rana e non notò alcuna contrazione. In seguito Volta confutò l’idea che l’elettricità potesse provenire da una rana o da qualsiasi altro animale. L’elettricità è prodotta da un flusso di elettroni, e il metallo è un buon conduttore di elettroni. La teoria dell’“elettricità animale” fu semplicemente un errore commesso in un particolare momento storico.
Questi esempi dimostrano chiaramente che in passato sono state fatte delle affermazioni totalmente errate su dei processi che oggi sono ben noti. In passato, gli scienziati sono incorsi in vari errori a causa delle attrezzature di ricerca poco sofisticate disponibili all’epoca, a causa della loro limitata capacità di discernimento, o per i loro stessi pregiudizi. Tra questi errori scientifici, il più grande – e più duraturo – esempio storico è rappresentato da una teoria avanzata per spiegare le origini della vita. Le affermazioni illogiche di tale teoria hanno esercitato un’influenza maggiore di quella di qualsiasi degli esempi prima citati. Questo errore, chiamato darwinismo, unisce una visione materialista del mondo ad una congettura sull'evoluzione.
Un tempo, senza prove sufficienti disponibili, alcuni giudicarono scientifica questa teoria. Il libro di Charles Darwin L’origine delle specie fu considerato incoerente già al tempo della sua pubblicazione nel 1859, ma suscitò comunque interesse in qualche ambiente. Darwin esternò le sue ipotesi senza l’aiuto della genetica o della biochimica. Ma le sue affermazioni erronee, basate su reperti fossili all’epoca insufficienti, furono entusiasticamente accolte da coloro che erano propensi ad accettarle per ragioni filosofiche. Vi è una chiara affinità tra la teoria di Darwin e la filosofia materialista. Darwin tentò di spiegare le origini di tutte le cose viventi in termini di caso e fattori materiali, e pertanto la sua teoria rifiutava l’esistenza di un Creatore. C’è voluta una serie di scoperte effettuate nel XX secolo per dimostrare che la sua teoria era sbagliata, completamente irrazionale e illogica.

Darwin, esaminando i campioni con l’attrezzatura primitiva di cui disponeva nel XIX secolo, non capì quanto fosse complessa la vita, e cadde così in un grave errore.
In alcuni ambienti scientifici il darwinismo è ancora un’ossessione assai diffusa, ma questo non impedisce di rendersi conto che il suo tempo darwinismo è giunto alla fine. Tutte le ipotesi scientifiche che un tempo sono servite come sostegno a questa teoria sono crollate, una dopo l’altra. L’unica ragione per cui il darwinismo è ancora vivo è perché in qualche ambiente scientifico alcuni fanatici ancora sposano con passione la filosofia materialista su cui la teoria si basa. Il mondo del darwinismo somiglia all’Unione Sovietica nella seconda parte degli anni ’80, quando l’ideologia comunista crollò e le sue tesi si dimostrarono errate, ma le istituzioni del sistema comunista continuarono a esistere. Le generazioni che erano state soggette al lavaggio del cervello dell’ideologia comunista ancora l’adottavano ciecamente. A causa del loro dogmatismo, il sistema comunista, che a tutti gli effetti pratici era già crollato, fu tenuto in vita ancora per qualche tempo. Si era sperato che politiche come Glasnost e Perestroika potessero riformare il sistema e farlo rivivere. Tuttavia l’inevitabile crollo alla fine si verificò.

A mezzo delle tecnologie umane, sviluppatesi nel tempo, nuovi scenari emergono e la nostra vita quotidiana diventa più facile. I progressi nel regno della scienza rivelano anche la vera faccia delle teorie obsolete come il darwinismo, per molto tempo considerato valido a causa dell’ignoranza scientifica un tempo prevalente.
Molto prima di tale crollo però, alcuni ebbero il sentore che il comunismo fosse fondamentalmente finito. Molti osservatori occidentali scrissero che la classe politica sovietica non avrebbe potuto far altro che ritardarne, ma solo per un po’, l’inevitabile collasso.

Il telefono alla sua prima comparsa, e com’è ora.
Una macchina fotografica del XIX secolo, e una nuova.
I moderni computer hanno preso il posto di quelli dalle dimensioni di un’intera stanza, che una volta venivano considerati così impressionanti (in fondo alla pagina sinistra).
Gli apparecchi televisivi in bianco e nero, la cui invenzione fu allora salutata con grande emozione, sono stati adesso rimpiazzati da quelli a colori che hanno un’immagine perfetta; ed i grammofoni dai moderni stereo e dai lettori CD.
La teoria dell’evoluzione fu in genere accettata dato il livello insufficiente della scienza di quel tempo. Nel XX secolo, tuttavia, è stato accertato che il Darwinismo è obsoleto e completamente falso.


Il darwinismo ha subito un crollo scientifico completo. Questa teoria, che non ha mai avuto una base scientifica realistica, è sembrata agli inizi convincente ad alcuni, a causa del livello poco sofisticato della scienza dell’epoca. Ma col progresso della comprensione scientifica, divenne chiaro che si trattava in effetti di un inganno.
In questo libro descriviamo come anche il darwinismo, dal punto di vista scientifico, sia finito da tempo. Ha convinto alcune persone per un po’, ma finalmente si è chiarito che non ha mai avuto alcun vero fondamento scientifico. Le affermazioni a sostegno del darwinismo degli scorsi 150 anni sono state tutte dimostrate infondate. Tutte le presunte “prove” dell’evoluzione sono state confutate, una per una. Presto, tutti i rappresentanti della comunità scientifica che operano nell’illusione di tale teoria, comprenderanno la verità e rimarranno sbalorditi vedendo come sono stati ingannati. Come ha detto lo scienziato svedese Søren Løvtrup: “Credo che un giorno il mito darwiniano sarà classificato come il più grande raggiro nella storia della scienza”.1
Affinché questo riconoscimento abbia luogo, sono disponibili tutti i necessari dati scientifici. Resta solo l'accettazione da parte dell’ambiente scientifico.
Nelle pagine seguenti esamineremo i dati scientifici che hanno invalidato la teoria dell’evoluzione e dimostreremo che alla base di questo grande errore vi era l’inadeguato livello scientifico del XIX secolo.

Il disgregamento dei miti del darwinismo e la corretta definizione della scienza

Se si facesse un sondaggio tra giornalisti, scrittori, filosofi, scienziati, accademici o studenti universitari del nostro tempo, per sapere perché credono nella teoria dell’evoluzione e quali sono le prove a suo sostegno , la maggioranza delle loro risposte rispecchierebbe solo dei miti non scientifici. È possibile elencare i più comuni fra questi miti, spiegando anche perché sono sbagliati.
1. I fautori dell’evoluzione affermano che alcuni sperimenti scientifici hanno dimostrato che la vita iniziò spontaneamente, come risultato di alcune reazioni chimiche. Ma di fatto, nessun esperimento scientifico supporta questa affermazione che, inoltre, si è dimostrata teoreticamente impossibile.
2. Essi ritengono che i reperti fossili provino che si è verificato un processo di evoluzione sulla Terra. Al contrario, invece, tutti i fossili svelano una storia naturale completamente differente dalla teoria di Darwin: le specie non vennero alla luce attraverso stadi di un qualsiasi processo di evoluzione, ma furono create in tutta la loro perfezione in un solo istante.
3. Essi pensano che il famoso fossile Archaeopteryx sia la prova della loro tesi che afferma che gli uccelli si sono evoluti dai rettili. Ma oggi è risaputo che l’Archaeopteryx era un vero uccello, capace di volare, e non è stato mai trovato nessun rettile suo antenato. Non rimane alcuna prova a sostegno delle affermazioni degli evoluzionisti secondo cui gli uccelli si sarebbero evoluti dai rettili.
4. Per anni, “l’evoluzione del cavallo” fu descritta come una delle prove meglio documentate della teoria dell’evoluzione. Dei mammiferi a quattro zampe, vissuti in epoche differenti, furono disposti in ordine di grandezza, dal più piccolo al più grande, e questa “serie dei cavalli” fu esibita nei musei di storia naturale. Ricerche condotte negli anni recenti, tuttavia, hanno dimostrato che i mammiferi di tale serie non sono gli uni antenati degli altri, che la loro sequenziazione è oltremodo imperfetta, e che le creature descritte come antenati del cavallo sono in effetti comparse dopo di esso.
5. Essi credono che le famose falene della Rivoluzione Industriale d’Inghilterra offrano una prova dell’evoluzione come risultato della selezione naturale. È stato tuttavia provato che il cambiamento di colore delle falene durante la Rivoluzione industriale non è il risultato di una selezione naturale.
Queste farfalle non cambiarono colore; in realtà all’inizio vi erano più falene di colore chiaro, che diminuirono di numero a causa delle condizioni ambientali, mentre aumentava il numero delle falene di colore scuro. Quando che si capì che l'argomentazione della selezione naturale delle falene era una frode scientifica, gli evoluzionisti persero un’altra delle loro cosiddette prove.
6. Essi affermano che nei resti fossili vi sono tracce di “uomini-scimmia” a riprova che gli esseri umani discendono, con le scimmie, da un antenato comune. Tutte le affermazioni a questo riguardo, tuttavia, si basano solo su supposizioni viziate e anche gli evoluzionisti sono costretti ad ammettere che non esiste una traccia fossile dell’evoluzione umana. Ad esempio, Richard Leakey, un evoluzionista paleoantropologo scrive:

Il biologo americano Jonathan Wells e il suo libro, "Icons of Evolution: Science or Myth? Why Much of What We Teach About Evolution is Wrong [Le icone dell’evoluzione: scienza o mito? Perchè molto di ciò che insegniamo sull’evoluzione è sbagliato)"
David Pilbeam commenta ironicamente, ‘Se chiamassi uno scienziato esperto di un’altra disciplina e gli mostrassi le scarse prove che abbiamo, senz’altro direbbe:
“Lascia perdere, non ce ne sono abbastanza per procedere”’. Né David né altri coinvolti nella ricerca per il genere umano possono seguire questo consiglio, naturalmente, ma noi rimaniamo pienamente consapevoli dei pericoli nel trarre conclusioni da prove così incomplete.2
David Pilbeam, che Leakey cita sopra, è anch’egli un evoluzionista paleontologo. Egli ammette:
Le mie riserve si riferiscono non tanto a questo libro [Le Origini di Richard Leakey] ma all’intero oggetto e alla metodologia della paleoantropologia. […] Forse intere generazioni di studenti dell’evoluzione umana, me incluso, si sono agitate nell’oscurità; […] la nostra banca dati è troppo scarsa, troppo infida, perché possa forgiare le nostre teorie.3
I fossili, che si riteneva fossero quelli dei cosiddetti antenati degli esseri umani, sono stati identificati come appartenenti o a una specie estinta di scimmie, o a una razza differente di esseri umani. Ne risulta che gli evoluzionisti sono rimasti senza una singola prova a sostegno della loro tesi che sostiene che gli esseri umani e le scimmie si sono evoluti da un unico antenato.

Sin dall’ultima parte del XIX secolo, la teoria dell’evoluzione è stata inclusa nei programmi scolastici dei paesi occidentali, ed è stata insegnata come realtà scientifico alle generazioni seguenti. Ciò che viene insegnato agli studenti, comunque, si fa beffa della scienza.
7. Essi affermano che gli embrioni degli esseri umani e di altre creature passano attraverso lo stesso “processo evolutivo” nel grembo delle loro madri o nell’uovo.
Arrivano anche a dire che l’embrione umano ha delle branchie che in seguito scompaiono. Si è dimostrato che queste affermazioni sono completamente prive di fondamento e che si basano su una grossa montatura scientifica. Un biologo evoluzionista di nome Ernst Haeckel fu il primo a sostenere tali affermazioni; egli modificò deliberatamente i suoi disegni per suggerire che gli embrioni erano uno simile all’altro. Successivamente, anche gli scienziati evoluzionisti dovettero convenire che la sua affermazione era basata su una montatura priva di base scientifica.
8. Essi pensano che gli esseri umani e altri esseri viventi abbiano organi vestigiali che hanno perso la loro funzione; addirittura credono che una grande parte del DNA sia “spazzatura”, senza alcuna particolare funzione. Ma è noto che tutte queste affermazioni sono il risultato di ignoranza scientifica. Col passare del tempo, come la scienza progrediva, fu scoperto che tutti gli organi e i geni sono in verità funzionali. Questo dimostra che le creature viventi non hanno organi che hanno cessato di funzionare, attraverso il cosiddetto processo evolutivo, perché non più necessari. È stato dimostrato, piuttosto, che queste creature, con tutti i loro organi e parti componenti, non sono il prodotto del caso, ma di una creazione perfetta.
9. Essi pensano che la variazione in una singola specie – per esempio le differenze nelle dimensioni e nella forma dei becchi dei fringuelli delle isole Galapagos – sia una decisiva prova dell’evoluzione. Ma si sa che questo non rappresenta alcuna prova dell’evoluzione: microcambiamenti nella struttura del becco di un uccello non possono creare nuovi dati biologici, sotto forma di nuovi organi, e pertanto ciò non costituisce evoluzione. Come risultato, anche i neo-darwinisti oggi hanno capito che alcune variazioni all’interno di una specie, non possono portare all’evoluzione.
10. Essi pensano che le mutazioni negli esperimenti con le mosche della frutta siano state capaci di produrre nuove specie. Ma questi esperimenti hanno prodotto solo individui fisicamente menomati o sterili, e nessuna mutazione “benefica” è stata osservata. Persino nel caso di mutazioni prodotte sotto il controllo di scienziati ben documentati, nessuna nuova specie si è formata; questo prova che non vi è nessuna evoluzione. Pertanto è impossibile indicare le mutazioni come prova dell’evoluzione.
Se si domandasse perché credono nell’evoluzione, una gran parte degli intervistati,, sarebbe in effetti a conoscenza di ben pochi tra gli esempi summenzionati, oppure li conoscerebbe solo superficialmente. Questi miti, di cui solo poche volte hanno letto qualcosa o che hanno sentito menzionare dai loro insegnanti del liceo, li hanno però convinti dell’evoluzione, e non vedono alcuna ragione per investigare ulteriormente.
Eppure, ognuna delle presunte prove di cui sopra è totalmente infondata. Questa non è una affermazione gratuita, ma un fatto comprovato con valide prove da scienziati critici nei confronti della teoria dell’evoluzione, come si vedrà nelle pagine che seguono.
Nella sua critica del darwinismo, un ben noto biologo americano, Jonathan Wells si riferisce ai miti dell’evoluzione come a “le icone dell’evoluzione”.4 Con “icone” egli intende le credenze false e superstiziose che ogni sostenitore dell’evoluzione conosce a memoria. La parola “icona” descrive oggetti di venerazione che qualche falsa religione usa per ricordare ai suoi membri quello che essi considerano sacro.
Alcuni dei simboli iconici usati a sostegno della teoria dell’evoluzione (che è in effetti una religione ateistica)5 per i suoi devoti sono i disegni dell’“uomo-scimmia” , le “branchie su un embrione umano” e altre simili montature. Ma ognuno di questi descrive un mito senza fondamento.
Il libro di Wells, Icons of Evolution: Science or Myth? Why Much of What We Teach About Evolution Is Wrong? [Le icone dell’evoluzione: scienza o mito? Perché molto di quello che insegniamo sull’evoluzione è sbagliato?] ,elenca dieci icone che corrispondono all’elenco che abbiamo fornito qui e spiega in dettaglio perché tutte sono state invalidate.
Oggi questi miti sono tutti screditati, e gli evoluzionisti non hanno presentato alcuna nuova prova al loro posto.
Come teoria, il darwinismo convinse alcuni nel XIX secolo, quando le condizioni scientifiche non erano avanzate. Ma nel XXI secolo, il darwinismo si è rivelato in quanto finito, antiquato e infondato.
Religione e scienza

Il libro di Benjamin Wiker
Prima di procedere nella constatazione della fine dei miti del darwinismo, nelle pagine che seguono, dobbiamo mostrare l’invalidità di un’altra idea che lega i sostenitori della teoria dell’evoluzione.
Si tratta della falsa ipotesi che vi sia un conflitto tra religione e scienza. Quelli che difendono tale ipotesi affermano che la teoria dell’evoluzione deve essere vera poiché gli “scienziati” l’hanno accettata all’unanimità come qualcosa di scientificamente dimostrato. Essi suggeriscono che la Creazione sia una teoria buona per la “fede”, ma non per la scienza. Queste affermazioni, tuttavia, non si basano su dei fatti. Si prenda, ad esempio, il dibattito in corso negli Stati Uniti su come la teoria dell’evoluzione debba essere insegnata nelle scuole. Questo dibattito viene portato avanti solamente a livello scientifico, ma si fanno dei tentativi per dimostrare che vi è un “disaccordo tra le chiese e gli scienziati”. Le notizie, su questo presunto disaccordo, diffuse da alcune organizzazioni di media, e negli articoli pubblicati da alcuni giornali, sono tutte inficiate dalle stesse superficiali congetture, che sono errate per le seguenti ragioni:
prima di tutto, la Creazione è avvalorata da prove scientifiche. L’attuale disputa evoluzione-contro-Creazione non è tra scienziati e chiese, ma tra alcuni scienziati che si ostinano a credere nella teoria dell’evoluzione, e altri scienziati che vedono che questa teoria è infondata. Tutte le prove disponibili sono contro l’evoluzione. Proprio per la solidità di tali prove, la teoria dell’evoluzione negli Usa è in declino sin dalla seconda metà del XX secolo. Tale declino ha portato alla decisione, in stati come il Kansas, la Georgia e l’Ohio, che nelle scuole debbano essere spiegate anche le prove dell’invalidità della teoria dell’evoluzione. Negli Usa è sorta una forte opposizione contro la teoria dell’evoluzione. Gli oppositori sono tutti scienziati provenienti da rinomate università della nazione. Nel 1970 il Professor Dean Kenyon scrisse una tesi, sull’origine della vita e sull’evoluzione chimica, che l’ha reso uno dei fautori più conosciuti di tale teoria. Oggi egli è un rappresentante del movimento che si oppone alla teoria dell’evoluzione, e che crede che le origini della vita non possano essere spiegate con l’evoluzione, ma solo con la creazione.
Il retaggio del dogmatismo, da Epicuro al darwinismo
Benjamin Wiker insegna scienza e teologia alla Franciscan University. Il suo libro Moral Darwinism: How We Became Hedonists [darwinismo morale: come siamo diventati edonisti] dà una dettagliata relazione della “teoria dell’evoluzione” di Darwin in quanto versione odierna della filosofia materialista del pensatore greco Epicuro e del suo omologo romano, Lucrezio.
Darwin seguì questi due filosofi approfondendo idee poco scientifiche quali:
1. La natura è un sistema che si autoregola.
2. Tra le creature viventi vi è una spietata lotta per l’esistenza, e questo porta all’evoluzione per mezzo della selezione naturale.
3. Si dovrebbe evitare di dare una definizione “teleologica” (l’idea cioè che vengano al mondo per uno scopo) della natura e degli esseri viventi.
Ciò che colpisce di queste idee è che non sono affatto scientifiche. Né Epicuro né Lucrezio hanno mai condotto esperimenti scientifici o rilevazioni; hanno solo usato argomenti logici che erano del tutto subordinati ai loro desideri personali. Per giunta, la loro logica partiva da un punto rilevante. Epicuro rifiutava cioè l’idea dell’esistenza di un Creatore, affermando che questo implicava il credere in una vita dopo la morte, e che questo lo faceva sentire limitato. Egli affermò chiaramente che la sua intera filosofia derivava dalla sua volontà di non accettare tale prospettiva. In altre parole, Epicuro scelse l’ateismo solo per il suo benessere psicologico, quindi intraprese la costruzione di una visione del mondo basata su questa sua scelta di vita. Per questa ragione cercò di spiegare l’universo e le origini della vita nei termini di un sistema ateistico, e a questo scopo adottò delle idee che poi costituirono la base dell’evoluzione.
Benjamin Wiker dà la seguente dettagliata interpretazione della relazione tra Epicuro e Darwin:
Il primo darwiniano non fu Darwin, ma un greco piuttosto noto, Epicuro, nato nell’isola di Samos nel 341 A.C. circa. Fu lui a procurare le fondamenta filosofiche del darwinismo, dato che modellò una cosmologia totalmente materialistica (ateista), secondo cui degli scossoni senza scopo della materia bruta, verificatisi in un tempo infinito, avevano generato, per una serie di fortunate coincidenze, non solo la Terra, ma anche tutte la miriade di forme di vita esistenti.[…]
Dopo aver sostenuto che fu Epicuro a modellare tale cosmologia, basandola non su prove concrete, ma solo sul suo desiderio di distogliere il mondo dall’idea di un Creatore, Wiker continua affermando:
[…] Questo comune disprezzo per la religione accomuna l’Epicureismo e la modernità, dato che noi moderni [darwinisti] siamo gli eredi di Epicuro. Attraverso un lungo e tortuoso cammino, una forma rinvigorita del materialismo di Epicuro è diventata il credo fondamentale del moderno materialismo scientifico – la stessa cosmologia materialista che Darwin si attribuisce in Le origini, e che ancora oggi è alla base del rifiuto materialista di un disegno nella natura.6
Oggigiorno, coloro che si ostinano a difendere la teoria dell’evoluzione non sono per la scienza, ma per l’ateismo. Come il loro precursore Epicuro, il loro attaccamento all’ateismo deriva dalla consapevolezza che l’accettazione dell’esistenza di Dio sarebbe in contrasto con i loro stessi egoistici desideri.

Ciò che è nei cieli ed sulla Terra appartiene a Dio. Dio abbraccia tutte le cose. (Surat an-Nisa':126)
C’è un verso nel Corano nel quale Dio descrive esaurientemente la situazione dei non credenti: “Ed essi li ripudiarono ingiustamente e con arroganza nonostante le loro stesse certezze su di loro“ (Surat an-Naml: 14). E in un altro verso Egli rivela: “Avete visto colui il quale ha messo i suoi capricci e i suoi desideri al posto della sua divinità?“ (Surat al-Furgan: 43)
Il “clan” epicureo-darwinista respinge l’esistenza di Dio solo perché la Sua esistenza è in conflitto con i loro desideri e le loro passioni personali; in questo, essi sono molto simili a quelli descritti nel verso di cui sopra. Risulta quindi molto ingannevole considerare l’argomento evoluzione-Creazione come un conflitto tra scienza e religione.
L’evoluzione e la Creazione, due differenti spiegazioni delle origini della vita e dell’universo, esistono dai tempi antichi. Per arrivare a capire quale di queste spiegazioni è quella scientificamente corretta, dobbiamo prendere in esame le scoperte della scienza. Qui, come negli altri nostri libri, vedremo ancora una volta come tutte le scoperte dimostrino che la teoria dell’evoluzione è errata, e che la Creazione invece è vera.
È falso che la scienza debba essere ateistica
Non c’è nessun obbligo per la scienza di essere ateistica, cioè di credere e mantenere il dogma che asserisce che l’universo è composto solo di materia, e che non vi è nessuna consapevolezza oltre la materia.
La scienza deve investigare le proprie scoperte ed andare ovunque le verità svelate conducano.
Oggi varie branche della scienza come l’astrofisica, la fisica e la biologia testimoniano chiaramente esempi della creazione nell’universo e nella natura, che sono impossibili da spiegare in termini di eventi casuali. Tutte le prove portano verso un Creatore. Questo Creatore è Dio il Cui potere ed intelligenza eterni hanno creato i cieli, la Terra e tutte le cose, vitali o inerti, che ivi esistono.
La “fede” non dimostrata è l’ateismo.
Le pagine seguenti mostreranno come il più importante sostegno dell’ateismo – ovvero il darwinismo – sia crollato.

Una volta, si pensava che la vita fosse semplice

Il darwinismo afferma che tutte le cose viventi sulla Terra hanno iniziato a esistere non secondo uno scopo o un piano, ma solo come il risultato di eventi casuali. Il primo anello di questa catena di eventi è che la prima cosa vivente apparve all’interno della materia inerte. Per poter discutere se vi sia stato o meno un processo di evoluzione, bisogna prima dimostrare che la vita abbia potuto davvero iniziare per caso da una materia inerte.
E così, quando paragoniamo questo “anello” a dei dati scientifici, cosa emerge? In altre parole, può il caso formare un organismo vivente da una materia inerte?
Una volta si pensava che le osservazioni e gli esperimenti avessero dato una risposta affermativa a queste domande. Si credeva cioè che delle creature viventi potessero evolvere spontaneamente all’interno della materia inerte. Ma queste osservazioni ed esperimenti, che sembravano confermare quelle asserzioni, erano estremamente rudimentali.
Gli antichi Egizi che vivevano lungo il fiume Nilo pensavano che il numero di rane aumentasse durante la stagione delle piogge perché il fiume le generava dal fango. Essi credevano che non solo le rane, ma anche i serpenti, i vermi e i topi venissero formati dal fango quando il Nilo allagava le sponde ogni estate. Osservazioni superficiali che portarono gli Egizi a credere in questa superstizione.
Il confine tra cose viventi e inanimate non era chiaro non soltanto nell’antico Egitto. Molte antiche società pagane credevano che questo confine fosse facilmente valicabile. Secondo la mitologia indu, il mondo cominciò ad esistere partendo da un enorme, agglomerato rotondo di materia chiamato prakriti. Da questa materia si sono evolute tutte le cose animate e inanimate e ad essa vi faranno ritorno.
Anassimandro, l’anziano filosofo greco discepolo di Talete, scrisse nel suo libro “Sulla Natura” che gli animali venivano dall’evaporazione del fango al calore del sole.
Alla base di tutte queste superstizioni vi era la credenza che le cose viventi fossero delle strutture semplici. Questa opinione fu a lungo sostenuta in Europa, dove la scienza moderna cominciò a svilupparsi nel XVI secolo. Ma l’idea che la struttura della vita fosse semplice tenne banco per almeno altri trecento anni, poiché gli scienziati non avevano i mezzi per osservare i minuti dettagli delle cose viventi, specialmente le cellule microscopiche e le minuscole molecole.

Gli esperimenti scientifici di Louis Pasteur smentirono la convinzione che la vita avesse potuto avere inizio dalla materia inanimata. In tal modo ebbe fine il primissimo anello dell’illusoria catena evolutiva che Darwin prospettò.
Poche superficiali osservazioni ed esperimenti convinsero gli scienziati che la vita fosse semplice. Ad esempio il chimico belga Jan Baptista van Helmont (1577-1644) sparse del grano su una camicia sporca e, dopo un certo tempo, osservò che dei topi scorrazzavano attorno alla camicia. E concluse che i topi venivano prodotti dalla combinazione del grano con la camicia. Lo scienziato tedesco Athanasius Kircher (1601-1680) fece un esperimento simile. Versò del miele sopra delle mosche morte e più tardi vide che altre mosche ronzavano attorno al miele; ed egli pensò che combinando miele e mosche morte si producessero mosche vive.

Lazzaro Spallanzani
Scienziati più attenti furono in grado di capire che tutte queste idee erano sbagliate. Lo scienziato italiano Francisco Redi (1626-1697) fu il primo a fare degli esperimenti controllati al riguardo. Usando il metodo dell’isolamento, scoprì che le larve sulla carne non nascevano spontaneamente, ma si sviluppavano dalle uova depositate dalle mosche. Redi provò che la vita non poteva venire da una materia inerte, ma solo da un’altra cosa vivente – un punto di vista che diventò conosciuto come biogenesi. Il nome dato alla generazione spontanea della vita fu abiogenesi.
Il dibattito scientifico tra sostenitori della biogenesi e dell’abiogenesi continuò nel XVIII secolo tra John Needham (1713-1781) e Lazzaro Spallanzani (1729-1799). Ognuno di loro bollì un pezzo di carne, e poi lo isolò. Needham osservò che le larve apparivano sulla carne e considerò questo fatto la prova dell’abiogenesi. Spallanzani ripeté lo stesso esperimento, ma fece bollire la carne più a lungo. In questo modo, tutte le forme organiche di vita furono distrutte, e non comparve nessuna larva. Eppure, nonostante Spallanzani avesse invalidato la teoria dell’abiogenesi, in molti non gli credettero; affermarono che Spallanzani aveva bollito la carne tanto a lungo da uccidere il “potere vitale” all’interno di essa.
Mentre Charles Darwin sviluppava la sua teoria, la questione delle origini della vita fu offuscata da dibattiti di questo tipo. Molte persone credevano che la materia inerte potesse generare batteri e altri germi, se non creature visibili come le larve. Nel 1860, il famoso chimico francese Louis Pasteur smentì le vetuste asserzioni dell’abiogenesi, sebbene questa permanesse nella mente di molti.
Darwin non considerò quasi mai come la prima cellula fosse venuta in vita. Non menziona mai questo tema nel suo libro L’origine delle Specie pubblicato nel 1859. Anche quando gli esperimenti di Pasteur rappresentarono un grosso problema al riguardo, egli a stento trattò l’argomento. La sua sola spiegazione per l’origine della vita fu che la prima cellula avrebbe potuto essere nata in un “piccolo, stagno caldo”.
In una lettera a Joseph Hooker nel 1871 Darwin scrisse:

Il libro di Darwin, L’Origine delle Specie
Si dice spesso che ora sono presenti tutte le condizioni per la prima produzione di un organismo vivente, quali potrebbero essere sempre state presenti. Ma se noi immaginiamo che in una qualche calda, piccola pozzanghera, in presenza di tutti i tipi di sali di ammonio e di fosforo, luce, calore, elettricità, ecc., si sia formato un composto proteico pronto a sottostare a un cambiamento ancora più complesso , al giorno d’oggi tale materia verrebbe istantaneamente divorata o assorbita, cosa che non si sarebbe verificata prima che le creature viventi si formassero.7

(A sinistra) J. B. S. Haldane
(A destra) Alexander Oparin
In breve Darwin sostiene che se una piccola, calda pozzanghera avesse contenuto i materiali grezzi necessari alla vita, essi avrebbero potuto formare le proteine, che si sarebbero poi moltiplicate, per combinarsi a formare una cellula. E aggiunge che tale formazione è impossibile al giorno d’oggi nelle condizioni attuali del mondo, ma che avrebbe potuto verificarsi in un precedente periodo.
Ambedue le affermazioni di Darwin sono pure congetture, senza alcuna fondatezza scientifica.
Ma avrebbero ispirato quegli evoluzionisti che vennero dopo di lui, spingendoli verso un lavoro infruttuoso che sarebbe durato per più di un secolo.
Questo sforzo senza speranza si basava su un errore difeso per secoli, che aveva ingannato anche Darwin, e cioè che la vita è dovuta al puro caso e a una legge di natura.
Da quel momento è trascorso più di un secolo, e migliaia di scienziati hanno provato a spiegare le origini della vita in termini di evoluzione.
Due scienziati che aprirono una nuova strada in questa ricerca furono Alexander Oparin e J.B.S. Haldane — uno russo, e l’altro inglese, ma entrambi Marxisti.
Essi anticiparono la teoria conosciuta come l’“evoluzione chimica” e suggerirono, come Darwin aveva sognato di fare, che le molecole – il materiale grezzo della vita – potessero, con l’aggiunta di energia, evolversi spontaneamente e formare una cellula vivente.
A metà del XX secolo, la teoria di Oparin e Haldane guadagnò terreno perché la complessità della vita non era stata ancora capita. E un giovane chimico di nome Stanley Miller diede un sostegno apparentemente scientifico alla tesi dell’“evoluzione chimica”.
Una volta, c’era l’esperimento di Miller
Se si dovesse consultare l’odierna letteratura evoluzionista, dove si parla dell’origine della vita, quasi certamente ci si imbatterebbe in fautori dell’evoluzione che citano l’“Esperimento di Miller” come la più grande prova delle loro tesi. Molti libri di testo di biologia, in molti paesi, informano gli studenti dell’importanza di questo esperimento, e di come avesse “fatto luce” sul problema delle origini della vita. Più spesso, però, non ne vengono forniti i dettagli; cosa l’esperimento produsse e fino a che punto fu davvero “fatta luce” resta un mistero.
Per fare chiarezza su questo esperimento, vediamo di riassumerne i punti rilevanti, già spiegati in dettaglio in un altro nostro libro. Nel 1953, Stanley Miller, uno studente laureatosi alla Facoltà di Chimica della Chicago University, sotto la supervisione del suo insegnante, Harold Urey, compose una mistura di vari gas che, secondo le sue supposizioni, rassomigliava all’atmosfera esistente sulla Terra primordiale. In seguito, sottopose questa mistura a una scarica elettrica per più di una settimana e, come risultato, osservò che si erano sintetizzati alcuni aminoacidi, presenti negli esseri viventi, insieme ad altri.

Stanley Miller
Gli aminoacidi sono i “mattoni” delle proteine, che a loro volta costituiscono il materiale fondamentale del corpo umano. Centinaia di aminoacidi si uniscono in una serie particolare all’interno di una cellula per produrre le proteine. In altre parole, gli aminoacidi sono i componenti più piccoli di qualsiasi cosa vivente.
Per questa ragione, il fatto che Stanley Miller avesse sintetizzato degli aminoacidi causò grande emozione tra gli evoluzionisti. E così nacque la leggenda dell’“esperimento di Miller”, che durò poi per decenni.
Tuttavia, un po’ alla volta, ci si accorse che dopotutto l’esperimento non era valido. Negli anni ’70 venne infatti provato che l’atmosfera della Terra primordiale era essenzialmente composta di azoto e anidride carbonica, e che non conteneva i gas metano e ammoniaca che Miller usò nel suo esperimento. Con questo si dimostrò che lo scenario creato da Miller era insostenibile, dato che N e CO2 non sono idonei per la formazione degli aminoacidi. Un articolo del 1998 della rivista geologica Earth, sintetizzò il tutto:
Al giorno d’oggi lo scenario di Miller viene valutato con apprensione. Una delle ragioni è che i geologi adesso pensano che l’atmosfera primordiale consistesse principalmente di anidride carbonica ed azoto, che sono gas meno reattivi di quelli usati nell’esperimento del 1953.8
Nello stesso anno, in un’altra ben nota rivista scientifica, il National Geographic, venne scritto:
Molti scienziati ora sospettano che l’atmosfera iniziale fosse differente da quella che Miller aveva supposto inizialmente. Essi pensano che consistesse di anidride carbonica e azoto, piuttosto che di idrogeno, metano e ammoniaca. Questa è una brutta notizia per i chimici. Quando proveranno a stimolare anidride carbonica e azoto, otterranno solo una quantità irrisoria di molecole organiche.9
Nel 1995, in uno storico articolo sulla rivista Science, John Cohen ne diede un’illuminante interpretazione, affermando che gli scienziati alla ricerca delle origini della vita non tengono conto dell’esperimento di Miller. E ne spiegò le ragioni come segue: “l’atmosfera iniziale non era affatto come quella simulata da Miller”.10
Un altro fatto che invalidò l’esperimento di Miller fu che venne accertato che l’atmosfera primordiale era ricca di ossigeno. Questo minò del tutto sia l’esperimento di Miller che altri scenari chimici evoluzionisti, considerando che l’ossigeno ha la speciale abilità di ossidare – cioè bruciare – tutte le molecole organiche. Nel corpo umano, questo pericolo viene evitato per mezzo di speciali sistemi di enzimi. In natura, è impossibile per una molecola organica libera evitare l’ossidazione.
Per decenni, nonostante tutti questi fatti, l’esperimento di Miller, come abbiamo detto, fu pubblicizzato come una spiegazione molto importante delle origini della vita. Nei loro libri di testo, venne detto agli studenti che “Miller mostrò come possono essere sintetizzati dei composti organici ” oppure “Miller dimostrò come si formarono le prime cellule”.
Come risultato, molte persone istruite hanno un’opinione sbagliata al riguardo. Ad esempio, in alcuni articoli che trattano la teoria dell’evoluzione, si possono leggere delle affermazioni del genere: “combinando e facendo bollire materia organica come gli aminoacidi o le proteine, viene prodotta la vita”. Questa è probabilmente la superstizione instillata nelle menti di alcuni dall’esperimento di Miller. La verità è che tale cosa non è stata mai accertata. Come è già stato spiegato in precedenza, questo esperimento, che cercò di spiegare come si formano gli aminoacidi e addirittura l’origine della vita, viene al giorno d’oggi segnalato come non più attuale e infondato. Ha subito la stessa fine della cosiddetta prova dell’abiogenesi di Jan Baptista van Helmont basata sulle larve della carne, o dell’esperimento di Athanasius Kircher.
Nel suo libro Algeny: A New World—A New World [Algenia: un mondo nuovo– un mondo nuovo], Jeremy Rifkin fa lo stesso paragone, dicendo che se gli scienziati si fossero preoccupati di controllare anche il loro più lieve sospetto, si sarebbero subito accorti che l’esperimento di Miller non era altro che una storiella di fantasia scientifica, proprio come quelle degli scienziati che precedentemente, basandosi sull’osservazione delle larve che affioravano dalla spazzatura, avevano affermato che la vita emergeva dalla materia inerte.11
Coloro che credono che l’esperimento di Miller abbia portato a importanti risultati, non comprendono questo punto importante: Miller condusse il suo esperimento in condizioni prodotte artificialmente da lui stesso, condizioni che non avevano niente a che fare con l’atmosfera della Terra primordiale; in tal modo l’esperimento fu condotto in condizioni non valide. Ancora più importante è il fatto che tale esperimento sintetizzò solamente degli aminoacidi. La formazione degli aminoacidi in qualche modo non indica la creazione della vita.

Jeremy Rifkin
Se paragoniamo una cellula vivente a una grande fabbrica, gli aminoacidi sono i mattoni dell’edificio. È di vitale importanza come questi mattoni siano disegnati e sistemati. Finora nessun esperimento ha dimostrato come gli aminoacidi abbiano avuto origine spontaneamente, oppure come si siano organizzati per caso in modo da produrre una proteina funzionale. Per formare una cellula vivente, un complesso meccanismo deve essere totalmente in atto: centinaia di proteine differenti, codici DNA ed enzimi per leggerli, nonché una membrana che sia selettivamente permeabile. Non è mai stata dimostrata, però, la possibilità di questa “evoluzione chimica”. Inoltre, credere in questa possibilità è come credere nell’impossibile. Paul Davies, il noto fisico e scrittore di testi scientifici, ha espresso un importante commento su questo argomento:
Alcuni scienziati dicono: “Buttaci sopra dell’energia, ed essa [la vita] nasce spontaneamente”. È un po’ come dire: “Metti un tubo di dinamite sotto un mucchio di mattoni, e bang!, hai costruito una casa!” Naturalmente non avrai una casa, ma solo un casino. La difficoltà del tentativo di spiegare l’origine della vita consiste nel dar conto di come l’elaborata struttura organizzativa di queste complesse molecole possa aver origine spontaneamente per una casuale immissione di energia. Come si assemblate queste molecole specifiche tanto complesse?12
In effetti, l’esempio di Davies contiene l’esatta soluzione al problema dell’origine della vita. È ragionevole supporre prima che una data casa sia stata costruita con un’esplosione, e poi teorizzare su come ciò sia stato possibile? O è più ragionevole credere che la casa sia il risultato di una creazione e organizzazione superiore ? La risposta è ovvia.
Negli ultimi venti anni, durante i quali si sono compresi i complessi dettagli della vita, molti scienziati hanno respinto il mito dell’evoluzione chimica e iniziato a dare una nuova risposta alle domande sulle origini della vita – la realtà della Creazione.
La sorprendente complessità della vita
Il concetto iniziale più importante, che ha fatto sì che la realtà della Creazione sia ben conosciuta da ognuno, è la complessità della vita, che non poteva neanche essere immaginata ai tempi di Darwin. Nel suo libro del 1996, Darwin's Black Box [La scatola nera di Darwin], Michael Behe, professore di biochimica alla Lehigh University, scrive a proposito della scoperta della complessità delle cose viventi:
Sin dalla metà degli anni ’50 la biochimica ha spiegato, con estrema accuratezza, i procedimenti della vita a livello molecolare […] La scienza del XIX secolo non poteva neanche immaginare i meccanismi della vista, dell’immunità, o del movimento, ma la moderna biochimica ha identificato le molecole che permettono queste e altre funzioni. Una volta ci si aspettava che la base della vita fosse oltremisura semplice. Questa aspettativa si è incrinata. Si è constatato che la vista, il moto e le altre funzioni biologiche non sono meno sofisticate delle telecamere o delle automobili. La scienza ha fatto enormi progressi nella comprensione del funzionamento della chimica della vita, ma l’eleganza e la complessità dei sistemi biologici a livello molecolare hanno paralizzato il tentativo della scienza di spiegare le loro origini. […] Molti scienziati hanno temerariamente asserito che le spiegazioni erano già in loro possesso, o che prima o poi lo sarebbero state , tuttavia non si può trovare nessun argomento a favore di tale asserzione nella letteratura scientifica autorevole. Ancora più importante è il fatto che vi sono ragioni inoppugnabili, basate sulla struttura dei sistemi stessi, per arrivare alla conclusione che una spiegazione darwiniana dei meccanismi della vita sarà sempre evasiva.13
Dunque cosa c’è di così complesso in una cellula? Behe risponde:

Gerald Schroeder, il ben noto fisico e biologo molecolare israeliano
Poco dopo il 1950, la scienza progredì fino al punto che fu possibile determinare le forme e le proprietà di alcune molecole che costituiscono gli organismi viventi. Un po’ alla volta, e con estrema cura, furono rivelate le strutture di un numero sempre maggiore di molecole biologiche, e come queste funzionassero, desumendolo da un incalcolabile numero di esperimenti. I risultati complessivi hanno poi dimostrato, con assoluta chiarezza, che la vita è basata su delle macchine – macchine composte da molecole! Macchine molecolari che trasportano il carico da un posto all’altro nelle cellule, procedendo in “autostrade” fatte di altre molecole, mentre altre ancora funzionano da cavi, funi e pulegge per mantenere la cellula nella giusta forma. Macchine che spengono e accendono gli interruttori cellulari, a volte uccidendo la cellula, e altre volte facendola crescere di dimensioni. Macchine funzionanti a energia solare che catturano l’energia dei fotoni e la conservano sotto forma di sostanze chimiche. Macchine elettriche che permettono alla corrente di fluire attraverso i nervi. Macchine che fabbricano sia sé stesse che altre macchine molecolari. Le cellule nuotano usando le macchine, si copiano con il macchinario e con questo ingeriscono il cibo. In breve, macchine molecolari altamente sofisticate controllano ogni processo cellulare. Perciò i dettagli della vita vengono finemente calibrati, e il macchinario della vita è enormemente complesso.14
Gerald Schroeder, fisico e biologo molecolare, mette in evidenza questa straordinaria complessità:
[…] In media, ogni cellula del vostro corpo, in questo preciso istante ed in ogni secondo, sta formando duemila proteine. Ogni secondo! In ogni cellula. Continuamente. E lo fanno con una tale semplicità. Noi, di tutta questa attività, non ce ne accorgiamo neanche. Una proteina è una fila di diverse centinaia di aminoacidi, e un aminoacido è una molecola che ha circa venti atomi. Ognuna di tutte le cellule del vostro corpo sta selezionando, proprio adesso, circa cinquecentomila aminoacidi, costituite da circa dieci milioni di atomi, organizzandoli in stringhe preselezionate, unendoli insieme, controllando che ogni stringa sia ripiegata in forme specifiche, e infine inviando ogni proteina verso il luogo giusto, qualcuna all’interno della cellula, qualcuna fuori, luoghi che hanno segnalato la necessità di queste proteine specifiche. Ogni secondo. Ogni cellula. Il tuo corpo, e anche il mio, è una meraviglia vivente.15
Come scrisse Paul Davies , affermare che questo sistema straordinariamente complesso è un prodotto del caso o di leggi naturali è come asserire che una casa può essere costruita facendo saltare in aria i mattoni con della dinamite. Ed è per questa ragione che la complessità della vita disarma i darwinisti. Secondo Behe nessuna delle loro pubblicazioni scientifiche dà una spiegazione evoluzionista delle origini della vita:
Se si cerca nella letteratura scientifica sull’evoluzione, e si concentra la propria ricerca sulla questione di come le macchine molecolari - la base della vita – si sono sviluppate, si troverà un innaturale e completo silenzio. La complessità della fondazione della vita ha paralizzato il tentativo della scienza di darne conto; le macchine molecolari si innalzano come una barriera finora impenetrabile e irraggiungibile per il darwinismo.16
In breve, le indagini sulle origini della vita sono state un importante sviluppo che ha contribuito al crollo della teoria dell’evoluzione. Allora perché gli evoluzionisti ancora si aggrappano al darwinismo?
Harold Urey, uno degli autori dell’esperimento di Miller, ammette:
Tutti noi che studiamo l’origine della vita troviamo che più vi guardiamo dentro, più abbiamo l’impressione che la vita sia troppo complessa perché si sia evoluta da qualche parte. Tutti noi crediamo, come un atto di fede, nell’evoluzione della vita dalla materia inerte di questo pianeta. Ma è proprio il fatto che la sua complessità sia così grande, che ci rende difficile immaginare che sia stata davvero così.17
Urey dichiara che lui e molti dei suoi colleghi “credono” che l’origine della vita sia un evento del caso. Pertanto, in effetti, non fu la scienza la base di questo esperimento, ma la fede. E l’idea che niente esista oltre alla materia, che tutto debba essere spiegato in termini di effetti fisici, è filosofia materialista.

Dopo che si sono spese delle fortune nei lunghi anni di ricerca nella struttura e nella codifica del DNA, gli scienziati stanno ora ottenendo nuovissime ed importanti informazioni.
Ciò nonostante, la perfezione della struttura genetica della cellula continua a nascondere i suoi segreti. La complessa struttura del DNA, e idati vitali ad alta potenzialità che contiene, lasciano perplessi coloro che cercano di spiegare la comparsa della vita in termini di casualità.
La biologia molecolare ha rivelato che la vita è decisamente più complessa di quanto si potesse immaginare ai tempi di Darwin. Oggi sappiamo che la cellula vivente è di gran lunga superiore a tutte le invenzioni del genere umano. Questo fatto stronca il darwinismo, che considera la vita risultato di mere coincidenze.
La parte più importante della complessa struttura della cellula consiste nel DNA, che ne determina la struttura genetica.
Il darwinismo è scientificamente crollato, solo una fede cieca nella sua filosofia lo mantiene ancora in vita, ma non potrà mai farlo rivivere in quanto teoria.

Una volta, si pensava che i reperti fossili fossero la prova dell’evoluzione

La paleontologia, lo studio dei fossili, si sviluppò molto tempo prima di Darwin. Il fondatore di questa scienza fu il naturalista francese, Barone Georges Cuvier (1769-1832). Secondo la Encyclopedia Britannica, Cuvier introdusse i fossili nella classificazione zoologica, mostrò la progressiva relazione tra gli strati della roccia e i loro resti e dimostrò, nella sua anatomia comparativa e nelle ricostruzioni degli scheletri fossili, l’importanza delle relazioni funzionali e anatomiche.18

Cuvier, il fondatore della scienza della paleontologia, credeva nella Creazione e affermò che l’evoluzione era impossibile.
Cuvier era un oppositore della teoria dell’evoluzione suggerita all’epoca da Lamarck. Sostenne che i generi delle cose viventi erano creati separatamente, mise in rilievo l’importanza del dettaglio e della finezza nell’anatomia animale e spiegò che le sue caratteristiche escludevano qualsiasi idea di alterazione casuale. Cuvier sostenne anche che “ogni specie è così ben coordinata, funzionalmente e strutturalmente, che non potrebbe sopravvivere a dei cambiamenti significativi”. Egli inoltre sostenne che “ogni specie fu creata per uno scopo speciale tutto suo, e ogni organo per la sua speciale funzione”.19
Ma Charles Darwin interpretò i fossili differentemente. Credeva che le varie specie discendessero, attraverso degli stadi, da un singolo, comune antenato in un processo di evoluzione, e che i fossili fossero la prova di questo processo.
Ma l’interpretazione di Darwin non si basa su alcuna prova. Al contrario, ai suoi tempi, nessuno dei fossili ancora esistenti presentava un’evoluzione. I resti fossili delle creature estinte non condividevano il tipo di parentela e di rassomiglianza che la teoria di Darwin richiedeva. Ogni fossile conosciuto, così come ogni cosa vivente conosciuta, possedeva le sue proprie, uniche, caratteristiche . Come nel caso della storia naturale oggi, le specie del passato non erano molto simili e vicine l’una all’altra, ma piuttosto divise in gruppi molto differenti, con importanti differenze strutturali tra loro.
Per questa ragione, Darwin non poté usare i fossili a riprova della sua teoria. Al contrario, nel suo libro vengono presentate delle “spiegazioni artefatte”, al fine di travisare l’argomento, che gli hanno poi creato seri problemi. Egli trattò questo argomento nel capitolo dal titolo “Difficoltà nella teoria” e aggiunse al libro un altro capitolo dal titolo “Sull’imperfezione della documentazione geologica” dove si parla dell’assenza di forme fossili intermedie.
Ma in tutti e due questi capitoli, la difficoltà di Darwin emerge chiaramente . La sua teoria si basava sull’affermazione che le specie si formarono mediante una lunga serie di cambiamenti incrementali. Se fosse stato così, le forme intermedie avrebbero dovuto esistere, per collegare una specie all’altra; ma non vi è traccia di tali creature nei reperti fossili.

Al contrario di quanto affermano gli evoluzionisti, ora si sa che l’Archaeopteryx non era un “uccello primitivo” ma che possedeva un’impeccabile abilità nel volo.
Darwin fu alla fine costretto a lasciare la questione ai ricercatori futuri. Egli pensò che il problema fosse dovuto all’insufficienza dei reperti; era certo che, con il ritrovamento di nuovi fossili, sarebbero venuti alla luce degli esemplari a riprova della sua teoria. Egli scrisse:
La geologia di sicuro non rivela alcuna catena organica così perfettamente graduata; e questa, forse, è la più ovvia e seria obiezione che si può muovere alla teoria. La spiegazione consiste, io ritengo, nell’estrema imperfezione della documentazione geologica.20
La predizione di Darwin persuase un numero crescente di persone a effettuare degli scavi alla ricerca delle ipotetiche forme intermedie “perdute”, per ampliare la raccolta dei fossili. Furono fatte alcune emozionanti scoperte che tuttavia, con il tempo, si dimostrarono infondate.
Uno di questi “importanti passi avanti” fu la scoperta, nel 1860, presso la città di Solnhofen in Germania, di un fossile a cui fu dato il nome di Archaeopteryx, che in greco significa “ala antica”. Nonostante fosse evidente che si trattasse di un uccello, il fossile aveva certe peculiari caratteristiche che furono considerate simili a quelle di un rettile: dei denti, una lunga coda e artigli sulle ali. Questo offrì ai darwinisti una rara opportunità. Uno dei più strenui difensori di Darwin, Thomas Huxley, annunciò che l’Archaeopteryx era mezzo uccello e mezzo rettile. La supposizione che le sue ali non fossero adatte al volo portò alla conclusione che fosse un uccello primitivo; questo generò molta esaltazione popolare e fu così che nacque il mito dell’Archaeopteryx, che dominò tutto il XX secolo .
Col tempo si comprese che questa creatura non era un uccello primitivo; il suo scheletro e la struttura delle piume infatti lo rendevano ben adatto al volo. Le sue caratteristiche, tipiche dei rettili, erano comuni anche ad altri uccelli del passato e di oggi.
Il risultato è che queste scoperte hanno oggi messo a tacere quasi del tutto le congetture degli evoluzionisti che affermano che l’Archaeopteryx fosse il miglior candidato per provare l’esistenza delle forme intermedie. Alan Feduccia, esperto ornitologo e professore alla Facoltà di Biologia della University of North Carolina, ha detto che “i ricercatori più recenti che hanno studiato le varie caratteristiche anatomiche dell’Archaeopteryx hanno trovato che la creatura somiglia molto di più a un uccello di quanto si immaginasse inizialmente”. Sempre secondo Feduccia, “la somiglianza dell’Archaeopteryx con i dinosauri teropodi è stata grossolanamente sovrastimata”21 In breve, adesso si sa che non vi è una grande differenza tra l’Archaeopteryx e gli altri uccelli.

Thomas Huxley, il più fervente sostenitore di Darwin.
Nel secolo e mezzo trascorso dopo Darwin, non è stata trovata alcuna forma intermedia, ivi incluso l’Archaeopteryx. Questo fatto è ormai diventato irrefutabile, specialmente dagli anni ’70 in poi, ma è ancora volutamente ignorato da alcuni paleontologi che sposano la teoria dell’evoluzione. Tra questi paleontologi, i più conosciuti sono Stephen J. Gould e Niles Eldridge. Essi hanno suggerito un modello differente dell’evoluzione a cui hanno dato il nome di “equilibrio punteggiato”, in cui rimarcano che i reperti fossili hanno confutato il “gradualismo” del darwinismo. Hanno dimostrato in dettaglio che vari generi di cose viventi sono apparsi all’improvviso nei reperti fossili e sono rimasti immutati per centinaia di milioni di anni.
In un libro scritto da Jan Tattersall, un altro paleontologo evoluzionista, Eldredge ha fatto questa importante valutazione:
Il fatto che singoli generi di fossili rimangano evidentemente gli stessi, durante tutta la loro manifestazione nei reperti fossili, era ben noto dai paleontologi già molto prima che Darwin pubblicasse il suo Origine. Lo stesso Darwin […] predisse che le future generazioni di paleontologi avrebbero colmato le discrepanze, per mezzo di una diligente ricerca […] Centoventi anni di ricerca hanno evidenziato che i reperti fossili non confermeranno questa parte delle predizioni di Darwin. E non perché il problema sia l’insufficienza di reperti. I fossili dimostrano semplicemente che la predizione è sbagliata.
La constatazione che le specie sono delle entità sorprendentemente conservative e statiche per lunghi periodi di tempo, ha tutte le caratteristiche dei vestiti nuovi dell’imperatore: tutti sapevano ma preferivano far finta di niente. I paleontologi, in presenza di reperti che ostinatamente rifiutavano di palesare il modello previsto da Darwin, hanno semplicemente guardato da un’altra parte. 22
In un libro scritto insieme nel 1988 dal titolo Integrated Principles of Biology [Principi Integrati di Biologia], tre biologi evoluzionisti hanno sviluppato lo stesso punto:
Molte specie rimangono virtualmente immutate per milioni di anni, e poi d’un tratto scompaiono per essere rimpiazzate da una forma molto differente […]. Inoltre, la gran parte dei maggiori gruppi di animali appaiono improvvisamente nei reperti fossili, completamente formati, e senza che siano stati scoperti dei fossili che costituiscano una transizione dal loro gruppo ancestrale.23

Una pittoresca ricostruzione dell’Archaeopteryx
Le nuove scoperte non hanno cambiato la situazione a favore del darwinismo; al contrario l’hanno peggiorata. Nel 1999 Tom Kemp, curatore delle raccolte zoologiche della Oxford University, scrisse un libro dal titolo Fossils and Evolution [Fossili ed evoluzione] dove descrive la situazione:
Virtualmente in tutti i casi, un nuovo taxon appare per la prima volta nei reperti fossili, con già presenti molte caratteristiche definitive, e in concreto non si forma un nuovo gruppo primario conosciuto.24
Pertanto, i reperti fossili che una volta si pensava avvalorassero la teoria di Darwin, sono invece diventati la prova ad esso contraria. David Berlinsky, un matematico della Princeton University, e oppositore dell’evoluzione, riassume così la situazione:
Vi sono dei vuoti nel cimitero dei fossili, proprio dove dovrebbero esserci le forme intermedie, ma dove invece non vi è nulla di simile. Nessun paleontologo che scriva in inglese, francese o tedesco nega questa realtà. Si tratta semplicemente di un fatto. La teoria di Darwin e i reperti fossili sono in conflitto.25
Uno degli esempi più sorprendenti di questa contraddizione è il tracollo dell’”albero della vita” di Darwin.
Una volta, si credeva che vi fosse un “albero dell’evoluzione”

Charles D. Walcott
Il colpo più duro sferrato al darwinismo dai reperti fossili è lo scenario rivelato dai fossili del periodo Cambriano. Darwin immaginò che la storia della vita sulla Terra potesse essere rappresentata come un albero, che inizia da un tronco e lentamente si divide in vari rami. Un diagramma nel libro L’Origine delle Specie rispecchiava questo punto di vista. Con l’aiuto di questo diagramma, il concetto dell’“albero” dell’evoluzione fu immesso nelle menti delle persone, e finì per diventare uno dei miti più importanti del darwinismo. Varie versioni dell’albero dell’evoluzione sono state pubblicate in libri di testo, trattati scientifici, riviste e quotidiani. Questi diagrammi impressero nelle menti delle persone l’idea che le cose viventi evolvessero in seguito a piccoli cambiamenti casuali da una radice comune dell’albero dell’evoluzione.
Tuttavia, la verità era ben diversa . La scoperta dell’esplosione cambriana all’inizio del XX secolo lo evidenziò in modo drammatico . Nell’anno 1909, il paleontologo Charles D. Walcott iniziò delle indagini sulle Montagne Rocciose del Canada. Nella zona del Burgess Pass scoprì degli strati di pietre scistose. Capì immediatamente che gli scisti di Burgess contenevano molti fossili del periodo Cambriano. Durante i seguenti quattro anni Walcott raccolse dai 60.000 agli 80.000 fossili dallo scisto e annotò le più sottili differenze scoperte tra di essi.
La cosa più sorprendente tra i fossili degli scisti di Burgess era infatti che questi contenevano i resti di creature appartenenti a tutti i phyla viventi al giorno d’oggi. (Un phylum è la più ampia categoria tassonomica usata per classificare le creature del regno animale. Gli animali sono divisi in più di 50 phyla, e ogni phylum ha la sua distinta struttura anatomica. Tra i gruppi più conosciuti vi sono i Chordata che includono i vertebrati, gli Arthropoda contenenti tutti gli insetti, e i Mollusca contenenti tutti gli invertebrati con corpo molle con conchiglia.)
Walcott fu molto sorpreso nel constatare a quali gruppi questi fossili appartenessero. Nessuna vita significativa era mai stata scoperta in strati molto più antichi, ma lo strato da lui scoperto conteneva creature che appartenevano a quasi tutti i phyla conosciuti, e anche a quelli sconosciuti fino ad allora. Questo dimostrò che tutte le caratteristiche anatomiche del regno animale comparvero nella stessa epoca, nello stesso periodo geologico.

I fossili del periodo Cambriano (da 545 a 495 milioni di anni fa) dimostrano che gli esseri viventi appaiono negli strati geologici con tutte le loro complesse caratteristiche, senza aver subito un processo evolutivo.
A- Un fossile di Metaldetes somigliante alle spugne di oggi.
B- Un fossile Wiwaxia, che si incontra frequentemente negli strati del periodo Cambriano
C- Mobergella: un fossile con conchiglia del periodo Cambriano
Questo assestò un colpo fatale alla teoria di Darwin, che aveva affermato che le creature si erano sviluppate lentamente e gradualmente, come i ramoscelli di un albero. Secondo le congetture di Darwin, all’inizio deve esserci stato un singolo phylum (gruppo) al mondo, e gli altri diversi gruppi si sarebbero sviluppati lentamente, col passare del tempo. Adesso però, questa sua teoria doveva vedersela con la prova fornita da Walcott per cui invece tutti i gruppi erano nati improvvisamente, e tutti durante nello stesso momento .


Il fatto che tutti i gruppi viventi esistessero durante il periodo Cambriano smentisce la base dell’albero genealogico darwinista.
A- Marella: Un artropodo capace sia di camminare che di nuotare.
B-Xystridura: Questa specie di trilobite aveva degli occhi complessi, formati da molti cristallini.
C- Pikaia: Il più vecchio fossile Chordata conosciuto
Ci sono voluti 70 anni prima che questa prova riuscisse a rovesciare la teoria dell’albero dell’evoluzione, dato che Walcott, dopo quattro anni di studio meticoloso, decise di mantenere il segreto sui suoi fossili invece di rivelarli al mondo scientifico. Walcott era il Segretario della Smithsonian Institution a Washington D.C. ma anche un fedele darwinista. Pensando – correttamente – che i fossili da lui scoperti avrebbero rappresentato un serio problema per la teoria dell’evoluzione, li tenne chiusi negli archivi del museo invece di renderli noti. I fossili degli scisti di Burgess emersero solo a seguito di un’ispezione degli archivi condotta nel 1985. Lo scienziato israeliano Gerald Schroeder commenta così l’accaduto:
Se avesse voluto, Walcott avrebbe potuto assumere un gran numero di studenti diplomati per lavorare sui fossili. Ma scelse di non mettere in brutte acque la barca dell’evoluzione. Oggi, fossili rappresentativi del Cambriano sono stati trovati in Cina, Africa, Isole britanniche, Svezia, Groenlandia. L’esplosione riguardava tutto il mondo. Ma prima che fosse ritenuto corretto discutere della straordinaria natura dell’esplosione Cambriana, i dati semplicemente non vennero divulgati.26
Per più di 70 anni questi fossili sono rimasti nascosti, fino a quando furono trovati e analizzati dai paleontologi Harry Whittington, Derek Briggs e Simon Conway Morris. Questi tre scienziati rivelarono che i fossili trovati da Walcott erano del periodo Cambriano, uno dei più vecchi periodi geologici. L’improvvisa apparizione di una così ampia varietà di creature durante tale periodo fu chiamata Esplosione Cambriana. Negli anni ’80, due nuove aree di resti fossili furono scoperte: una nel Sirius Passet nella Groenlandia del Nord, e l’altra nel Chengjiang nella Cina del Sud. In ambedue queste aree furono trovati fossili di differenti creature che vennero alla luce durante il periodo Cambriano. Tra queste i fossili più vecchi e meglio conservati furono quelli trovati nel Chenjiang, che contenevano anche i primi vertebrati. Inoltre, due fossili di pesci, di 530 milioni di anni fa, scoperti nel 1999, fornirono la prova che tutte le strutture anatomiche, incluse quelle dei vertebrati, erano già esistenti durante il periodo Cambriano. Le indagini condotte al riguardo hanno dimostrato che l’Esplosione Cambriana ebbe luogo in un periodo di dieci milioni di anni, che in termini geologici è un periodo abbastanza breve. E le creature che improvvisamente apparvero in questo periodo avevano tutte degli organi molto complessi, e non avevano alcuna rassomiglianza con gli organismi unicellulari, o con quei pochi organismi multicellulari, che li avevano preceduti. Stephen J. Gould descrive così l’Esplosione Cambriana:
Il più famoso di tali eventi “esplosivi”, l’esplosione Cambriana, denota l’inizio della moderna vita multicellulare. Nello spazio di solo pochi milioni di anni, quasi ogni maggior tipo di anatomia animale appare per la prima volta nei reperti fossili.27
Gli evoluzionisti hanno provato a spiegare l’esplosione Cambriana in vari modi, nessuno di questi convincente. Tutte le tesi avanzate contro il problema del Cambriano sono imperfette, come è dimostrato dalle divergenze che gli evoluzionisti hanno tra loro. L’edizione del febbraio 1999 della nota rivista scientifica Trends in Genetics (TIG) sostiene che i ritrovamenti di fossili degli scisti di Burgess non possono assolutamente essere spiegati in termini di teoria dell’evoluzione, e che le tesi proposte da tale teoria non sono convincenti:
Può sembrare strano che dei fossili provenienti da una piccola zona, non importa quanto entusiasmante, possano essere al centro di un accanito dibattito su tali ampie argomentazioni all’interno della biologia dell’evoluzione. La ragione è che gli animali comparvero di colpo nella raccolta dei fossili con una tale sorprendente abbondanza, durante il periodo Cambriano, apparentemente dal nulla. Sempre più precisi dati radiometrici, e nuove scoperte di fossili, hanno solo acuito la repentinità e la portata di questa rivoluzione biologica. L’estensione di questo cambiamento nel biota della Terra esige una spiegazione. Nonostante siano state avanzate molte ipotesi, l’opinione generale è che nessuna di queste sia convincente.28
In of Evolution [Le icone dell’evoluzione], il biologo Americano Jonathan Wells riassume la questione così:
Di tutte le icone dell’evoluzione, quella dell’albero della vita è la più diffusa, poiché la discendenza da un antenato comune è il fondamento della teoria di Darwin. […] Eppure Darwin sapeva, ed è stato recentemente confermato dagli scienziati , che i primi reperti fossili rovesciano il suo albero dell’evoluzione della vita. Dieci anni fa si sperava che delle prove molecolari potessero salvare questo albero, ma le recenti scoperte hanno infranto tale speranza. Sebbene non lo apprenderete leggendo testi di biologia, l’albero di Darwin è stato sradicato.29
Per questa ragione, possiamo con sicurezza dire che una volta c’era una teoria chiamata darwinismo, che alcune persone pensavano fosse supportata dai fossili. Ma i reperti fossili indicano giusto l’opposto. Ora il darwinismo non esiste più. I fossili, come adesso comprendiamo, dimostrano che la vita apparve sulla Terra improvvisamente, e non attraverso l’evoluzione.

Un’illustrazione delle complesse creature che apparvero improvvisamente durante il periodo Cambriano
I fossili dei esseri viventi complessi che esistevano centinaia di milioni di anni confutano le affermazioni evoluzioniste

Il fossile di un riccio di mare del periodo Ordoviciano (da 495 a 440 milioni di anni fa) ed un esemplare contemporaneo.

Un fossile di gamberetto del periodo Giurassico (da 200 a 140 milioni di anni fa) ha lo stesso aspetto di un esemplare dei giorni nostri.
Un importante risultato rivelato dai reperti fossili è la “stasi”. Non vi è alcuna differenza tra i fossili che vissero centinaia di milioni di anni fa e gli esemplari in vita al giorno d’oggi. Non si è mai verificata nessuna “evoluzione”.
Una foglia di pioppo di 25 milioni di anni fa non è diversa dalle foglie di pioppo di oggi.

Un fossile di squalo del periodo Carbonifero (da 354 a 292 milioni di anni fa) dimostra che gli squali esistevano, con l’odierna struttura, milioni di anni fa.
La foglia fossilizzata di un albero di ginkgo del periodo Triassico (da 251 a 205 milioni di anni fa) è identica alle foglie di oggi. Questo esemplare, e molti altri esemplari fossili simili , scardinano completamente le affermazioni sull’evoluzione da un essere vivente all’altro.

1.La libellula, un soggetto di ricerca sulle tecniche di volo da parte degli scienziati odierni, rivela le sue fattezze e caratteristiche perfette in questo esemplare di 140 milioni di anni fa.
2.Sopra: una foglia d’acero dell’epoca Miocena (da 23.8 a 5.32 milioni di anni fa) e un esemplare odierno.
3.A destra: un fossile di fiore dell’epoca Miocena
Un odierno polyanthus
4.Sopra: un fossile di seme alato di acero dell’epoca Oligocene ((da 33.7 a 23.8 milioni di anni fa)
Questa improvvisa apparizione implica la Creazione. Dio ha creato tutte le cose viventi perfettamente dal nulla.
[Dio è] il Creatore dei cieli e della Terra. Quando Egli decide qualcosa, Egli dice solo, “Sia!” e così è. (Surat al-Baqara: 117)

Una volta, c’era la ricerca dell’anello mancante


Un’immagine degli scavi di Piltdown, dove ebbe inizio lo scandalo dell’“uomo di Piltdown”
Il capitolo precedente ha mostrato come i reperti fossili abbiano spazzato via tutti gli argomenti di sostegno al darwinismo. Nel suo libro L’origine delle specie, Darwin non menziona i reperti fossili in relazione alle origini umane. Ma nel libro L’origine dell’uomo, pubblicato 12 anni dopo, egli afferma che gli esseri umani erano il gradino più alto della cosiddetta scala dell’evoluzione, e che i loro antenati più prossimi erano dei primati somiglianti alle scimmie dei nostri giorni.
Darwin non aveva alcuna prova per poter affermare che gli esseri umani e le scimmie discendessero da un antenato comune; immaginò solo che vi fosse una relazione familiare tra esseri umani e scimmie, animali che, egli riteneva, fossero i più idonei, per le loro sembianze fisiche, a essere paragonati agli esseri umani. Nel suo libro egli approfondì le sue argomentazioni sulle razze, affermando che alcune tra le presunte “razze primitive” erano la prova dell’evoluzione. (La moderna genetica ha comunque smentito queste prospettive sulle razze, condivise da Darwin e da altri evoluzionisti dell’epoca).
A partire dall’ultimo quarto del XIX secolo, la paleoantropologia si dedicò quasi totalmente al compito di trovare dei fossili che potessero dimostrare questa immaginaria teoria dell’evoluzione, e molti di quelli che avevano accettato il darwinismo cominciarono a effettuare profonde ricerche per trovare “l’anello mancante” tra le scimmie e gli esseri umani.

La vera natura dell’Uomo di Piltdown fu scoperta nel 1953, quando degli esperti ne esaminarono il teschio, e capirono che si trattava di una falsificazione.
La grande scoperta in cui speravano, fu fatta in Inghilterra nel 1910. Per i 43 anni che seguirono, il teschio dell’”Uomo di Piltdown” fu presentato al mondo come la maggiore prova dell’evoluzione umana. Il fossile fu scoperto da Charles Dawson, un paleontologo amatoriale che diede al teschio il suo nome, Eoanthropus dawsoni. Il fossile era strano: la parte superiore era totalmente umana nella struttura, mentre la mascella inferiore e i denti erano come quelli di una scimmia. In poco tempo questa scoperta divenne famosa; e gli inglesi furono molto orgogliosi che questo fossile, scoperto sul suolo nativo, fosse l’antenato della loro razza. La considerevole dimensione del cranio fu interpretata come una indicazione che l’“intelligenza inglese” si era evoluta molto precocemente. Negli anni seguenti, centinaia di tesi furono scritte sull’Eoanthropus dawsoni, e il fossile fu esibito nel British Museum, dove centinaia di migliaia di visitatori vennero persuasi sulla “verità dell’evoluzione umana”.
Ma non sapevano che il fossile era un falso. Degli esami condotti nel 1953 dimostrarono che l’uomo di Piltdown era una combinazione di ossa di un essere umano e di un orango. Il pubblico rimase stupito quando questo fossile, un tempo presentato come la più grande prova dell’evoluzione, fu rimosso dalla raccolta del British Museum, dove era stato messo in evidenza per decenni.

Fino a quando non si capì che era un falso, l’Uomo di Piltdown, per 40 anni, fu esibito nei musei ed abbellì le copertine delle pubblicazioni “scientifiche”.
Nel 1922, si verificò negli Stati Uniti un altro scandalo, di portata minore, ma non meno grave. Fu dato a intendere che un dente molare trovato nello Stato del Nebraska fosse di una forma intermedia tra l’uomo e la scimmia; e sulla base di questa scoperta, nel 1927 fu inventato l’Uomo del Nebraska. Fu poi tuttavia accertato che questo dente non apparteneva né ad un essere umano né a una scimmia, ma ad un maiale selvatico.
Nonostante fiaschi come questi, gli evoluzionisti continuarono la loro ricerca delle origini umane. Più tardi, pensarono che le scimmie estinte del genere Australopithecus fossero i più vecchi antenati umani. Diventò un modello evoluzionista la tesi secondo cui, dopo l’Australopithecus, venissero le specie chiamate Homo habilis, Homo rudolfensis e Homo erectus, in una serie che terminava con l’Homo sapiens, l’uomo moderno. Questo clichè, con l’immagine di scimmie che gradualmente riuscivano a camminare su due arti, fu ufficialmente adottato dai libri di testo, dai periodici scientifici, dalle riviste, dai quotidiani, dai film e perfino dalla pubblicità, e usato per decenni solo per partito preso.
In breve, durante un lungo periodo del XX secolo, l’idea che le origini umane fossero spiegate dalla teoria dell’evoluzione, fu diffusamente accettata.
La realtà, tuttavia, era alquanto differente. I fossili esistenti non si accordano con lo schema evoluzionista. E il problema non sarà risolto con la scoperta di altri fossili; ma al contrario si complicherà ulteriormente. Alcune autorità hanno cominciato ad accettare queste realtà. Niles Eldredge e Ian Tattersall dell’American Museum of Natural History, due tra i più importanti paleontologi, commentano:
[È un] […] mito che le storie dell’evoluzione delle cose viventi siano essenzialmente una questione di scoperte. […] Ma se fosse davvero così, ci si potrebbe con fiducia aspettare che quanti più fossili ominidi si trovassero, più chiara diverrebbe la storia dell’evoluzione umana. Mentre invece si verifica proprio l’opposto.30
Nel suo articolo del 1995, uno dei nomi ben noti nella teoria dell’evoluzione, Richard Lewontin, professore alla Harvard University, ammette che il darwinismo si ritrova in una situazione senza speranza:

Non esiste alcuna “linea evolutiva” dalla scimmia all’uomo, e questo concetto non può reggere neanche a livello teorico.
Quando consideriamo il passato remoto, prima dell’origine dell’attuale specie Homo sapiens, ci troviamo di fronte a dei reperti fossili frammentari e scollegati. Nonostante le entusiaste ed ottimistiche affermazioni fatte da alcuni paleontologi, nessuna specie di fossili ominidi può essere considerata come nostra diretta antenata. 31
Molti altri evoluzionisti, esperti in questo campo, hanno recentemente espresso il loro pessimismo riguardo alla loro teoria. Henry Gee, ad esempio, redattore della nota rivista Nature, fa notare che:
Prendere in considerazione una famiglia di fossili, e affermare che essi rappresentano una discendenza, non è un’ipotesi scientifica che può essere provata, ma un’affermazione che ha la stessa validità di una storiella per bambini - forse divertente o anche istruttiva - ma certamente senza alcuna base scientifica.32
Il classico “albero genealogico umano” è seriamente messo in discussione, al giorno d’oggi. Gli scienziati che esaminano le prove disponibili senza alcun preconcetto, asseriscono che la linea di discendenza dall’Australopithecus all’Homo sapiens, che gli evoluzionisti propongono, è un vero miscuglio, e che le specie intermedie chiamate Homo habilis e Homo erectus sono immaginarie.
In un articolo del 1999 pubblicato nella rivista Science, gli evoluzionisti paleontologi Bernard Wood e Mark Collard presentano il loro punto di vista, secondo cui l’Homo habilis e l’Homo rudolfensis sono categorie inventate, mentre i fossili inclusi in tali categorie dovrebbero essere trasferiti al genere Australopithecus.33
Milford Wolpoff della Michigan University e Alan Thorne della Canberra University convengono che la categoria dell’Homo erectus sia una categoria inventata, e che i fossili inclusi in tale classificazione siano tutte variazioni dell’Homo sapiens.34

Niles Eldredge e Stephen Jay Gould, due ben noti paleontologi che ammettono la discrepanza tra il darwinismo e i reperti fossili.
Questo significa che i fossili che gli evoluzionisti suggeriscono rappresentino la presunta evoluzione degli antenati dell’uomo, appartengono o a specie estinte di scimmie o a esseri umani con differenti caratteristiche razziali. Nessuna di queste specie è mezzo uomo e mezza scimmia;si tratta o di scimmie o di uomini.
Secondo alcuni esperti che riconoscono tale realtà, il mito dell’evoluzione umana non è altro che un esempio di scrittura creativa, da parte di un gruppo di persone che credono nella filosofia materialista e che descrivono la storia naturale secondo le loro idee dogmatiche. A una riunione della British Association for the Advancement of Science, lo storico di Oxford John Durant commentò così:
Non potrebbe essere che, come i miti “primitivi”, le teorie dell’evoluzione umana rinforzino solo i sistemi di valori dei loro creatori, riflettendo storicamente l’immagine che hanno di sé stessi e della società in cui vivono?35
In una pubblicazione successiva, Durant dice che varrebbe la pena chiedersi se le idee della cosiddetta evoluzione umana assumano funzioni similari sia nelle società prescientifiche che in quelle scientifiche, e continua dicendo:
[…] Assai di frequente, le idee sulle origini umane, se valutate con attenzione, ci dicono qualcosa tanto del presente che del passato, tanto delle nostre esperienze che delle esperienze dei nostri remoti antenati. […] Vi è pertanto un urgente bisogno di demitizzare la scienza.36
In breve, le teorie sulle origini umane non fanno altro che riflettere i pregiudizi e le credenze filosofiche dei loro autori. Un altro evoluzionista che accetta questa realtà è l’antropologo Geoffrey Clark, dell’Arizona State University , il quale scrisse, in una pubblicazione del 1997:
[…] la paleoantropologia ha la forma ma non la sostanza di una scienza […] Noi scegliamo, tra varie alternative di ricerca, le conclusioni che meglio si accordano ai nostri pregiudizi e preconcetti – un processo che è cioè, allo stesso tempo, sia politico che soggettivo.37
Dentro la propaganda dei media
Come si è visto, le affermazioni sull’evoluzione umana sono risultate senza fondamento, anche per chi ha avuto un ruolo personale nella loro elaborazione. Tali affermazioni non erano basate sulla scienza, ma solo sulle convinzioni e sui pregiudizi che configuravano la teoria. È interessante notare che nessuna di queste “ammissioni”, dal mondo della paleontologia, sia stata riportata dai media. Al contrario, alcune organizzazioni mediatiche nascondono accuratamente il dilemma che il darwinismo deve fronteggiare, e insinuano l’inganno che nuove prove dell’evoluzione vengano scoperte ogni giorno. Un biologo americano, Jonathan Wells, che ha conseguito due dottorati, uno alla Yale University e uno alla University of California di Berkeley, in un suo libro del 2000, Icons of Evolution [Le icone dell’evoluzione], descrive a grandi linee il meccanismo della propaganda:
Il grande pubblico raramente è a conoscenza della radicata incertezza circa le origini umane che si riflette in queste affermazioni fatte da esperti scientifici. A noi viene invece semplicemente servita l’ultima versione della teoria di qualcuno, senza che ci venga detto che neanche i paleontologi stessi sono d’accordo su di essa. E, tipicamente, tale teoria è illustrata con fantasiosi disegni di uomini delle caverne, o di attori umani pesantemente truccati. […] Sembra che mai prima, nel campo della scienza, tante persone si siano basate così tanto su così poco.38
Le organizzazioni mediatiche che difendono il darwinismo affermano nei loro titoli che “l’evoluzione umana è oramai un fatto dimostrato”. Ma chi sono gli scienziati che scrivono sui giornali e che appaiono in televisione per fare queste affermazioni infondate? Perché sono in disaccordo con quegli scienziati che pensano che la paleoantropologia sia priva di fondamento?
In un discorso tenuto durante una riunione della Biology Teachers Association of South Australia, l’evoluzionista Greg Kirby ne ha spiegato la psicologia:
Se doveste passare la vostra vita a raccogliere delle ossa e a trovare piccoli frammenti di crani e di mandibole, vi verrebbe una gran voglia di esagerare l’importanza di tali frammenti.39
Questi sono alcuni dei fattori che mantengono in vita il mito dell’evoluzione umana, anche se è evidente che questo manca di un qualsiasi supporto scientifico. Ogni nuovo fossile scoperto fa sprofondare sempre più nel dubbio la tesi evoluzionista sulle origini umane.
L’ammissione dell’inesistenza di qualsiasi “anello mancante”
Il più recente esempio di come la tesi degli evoluzionisti sia ora in una situazione senza via d’uscita, è stato il fossile di un teschio scoperto nella regione del Chad, nell’Africa Centrale, dallo scienziato francese Michel Brunet, che diede al fossile il nome di Sahelanthropus tchadensis.
Nel mondo del darwinismo, le opinioni su questo fossile sono discordanti. Sulla ben nota rivista Nature si è ammesso che “il teschio appena trovato potrebbe affossare le nostre attuali idee sull’evoluzione umana.”40

Il teschio dello Sahelanthropus ribaltò lo schema evolutivo, date le sue fattezze più “umane” nonostante fosse più vecchio dell’Australopithecus
Daniel Lieberman, della Harvard University, ha detto invece che “questa [scoperta] avrà lo stesso impatto di una piccola bomba atomica”.41 La ragione di tale discordanza di opinioni risiede nel fatto che, sebbene il fossile avesse sette milioni di anni, mostrava una struttura più “umana” (secondo i criteri evoluzionisti) di quella dell’Australopithecus, che visse solo cinque milioni di anni fa, ed era ritenuto “il più vecchio antenato dell’uomo”. Questo dimostra ancora una volta che lo scenario dell'evoluzione umana, già malridotto, è ormai insostenibile.
Bernard Wood, un antropologo evoluzionista della George Washington University, fornì un’importante spiegazione sul fossile appena scoperto. Wood disse che il mito della “scala dell’evoluzione”, instillato nelle menti delle persone durante tutto il XX secolo, non aveva alcuna validità, e che la stessa evoluzione si può paragonare a un cespuglio:
Quando frequentavo la scuola medica nel 1963, l’evoluzione umana somigliava a una scala [che] passava dalla scimmia all’uomo progredendo attraverso vari stadi intermedi, ciascuno un po’ meno scimmiesco del precedente. Ora l’evoluzione umana somiglia a un cespuglio di rovi. […] Come questi siano in relazione l’un con l’altro, e quali tra essi, sempre che esistano, siano antenati dell’uomo, è ancora oggetto di discussione.42
In un articolo scritto per il quotidiano The Guardian, Henry Gee affermò quanto segue sulle discussioni causate dal fossile di scimmia appena trovato:
Quale che sia il risultato, il teschio dimostra, una volta per tutte, che la vecchia idea dell’”anello mancante” [tra le scimmie e gli uomini] è una fandonia. […] Dovrebbe essere ora ben chiaro che proprio la stessa idea dell’anello mancante, dubbia da sempre, è oggi completamente insostenibile.43

Anche le organizzazioni mediatiche e i periodici scientifici evoluzionisti hanno descritto lo Sahelanthropus come una scoperta che sconvolse le supposizioni darwiniste.
Il suo importante libro Tempo profondo, pubblicato nel 1999, spiega che il mito della modalità dell’evoluzione umana, dibattuto per decenni nei media e nella cosiddetta produzione letteraria scientifica evoluzionista, non aveva alcun valore:
[…] Si è detto che l’evoluzione dell’uomo è stata guidata dai miglioramenti nella postura, nelle dimensioni del cervello, e nel coordinamento tra la mano e l’occhio, il che ha portato a delle conquiste tecnologiche come il fuoco, la fabbricazione di utensili e l’uso del linguaggio. Questi scenari sono però soggettivi. Non potranno mai essere provati con degli esperimenti, e pertanto non si possono considerare scientifici. Essi dipendono, per la loro validità, non da prove scientifiche, ma solo da delle semplici affermazioni e sull’autorevolezza della loro presentazione. Date le onnipresenti chiacchiere dei giornalisti e dei titolisti sulla ricerca degli antenati e sulla scoperta degli anelli mancanti, può sorprendere sapere che la maggioranza dei paleontologi professionisti non vedono la storia della vita in termini di scenari o racconti, e che respinsero il modo romanzesco con cui è stata presentata la storia dell’evoluzione, in quanto non scientifico, più di trent’anni fa.44
Gee dichiara che nessun modello di evoluzione può essere dedotto dai reperti fossili, e che esistono solo un po’ di fossili non in relazione l’uno con l’altro, che “galleggiano in un immenso mare di lacune”:
Le scoperte di nuovi fossili vengono inserite ad arte nella storia preesistente. Noi chiamiamo queste nuove scoperte “anelli mancanti”, come se la catena dell’ascendenza e discendenza fosse realmente oggetto della nostra contemplazione, e non quello che è in realtà: un’invenzione, completamente umana, creata su misura, modellata per sposarsi con i pregiudizi umani. […] Ogni fossile rappresenta un punto isolato, senza alcuna riconoscibile connessione con un qualsiasi altro fossile che, come tutti gli altri, galleggia in un immenso mare di lacune.45
Queste ammissioni, così importanti, ci dicono che la teoria dell’evoluzione, che per 150 anni ha avuto la presunzione di dare una risposta scientifica alla questione delle nostre origini, fu solo uno scenario imposto alla scienza da un particolare modo di vedere il mondo. Gee si riferisce a questo quando afferma: “Dalla nostra attuale posizione privilegiata, disponiamo i fossili in un ordine che riflette la graduale acquisizione di ciò che vediamo dentro noi stessi. Non cerchiamo la verità; la creiamo su misura, affinché si adegui ai nostri pregiudizi”.
Gli evoluzionisti hanno finalmente accettato il fatto che il mito dell’”albero dell’evoluzione umana”, impresso nelle menti delle persone per i passati 150 anni, fosse una invenzione degli uomini. In un suo articolo del 1996, il biologo evoluzionista F. Clark Howell della University of California a Berkeley ha scritto: “Non vi è alcuna teoria omnicomprensiva sull’evoluzione [umana][…] Ahimé! Non ve ne è mai stata realmente una”.46
Gli stessi evoluzionisti spiegano che l’”anello mancante”, un tema popolare per i titoli di testa dei giornali, rimarrà per sempre “mancante”, poiché non esiste. E così, come per gli altri miti del darwinismo, il mito dell’evoluzione umana è stato smascherato.
Come vedremo nel prossimo capitolo, il mito è stato rimpiazzato da “informazioni” che provano che gli esseri umani sono stati creati.

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(Da intervista di S. Adnan Oktar in AdiyamanAsu del 5 aprile 2010)

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Da intervista di S. Adnan Oktar in TV Gaziantep Olay del 13 aprile 2010

Iran aspetta il Mahdi (as)

Estratto dall'intervista Tv Kocaeli e Tv Tempo di Adnan Oktar il settembre 18, 2009

Se non si insegna la religione l'anima di quei bambini rimarra nel vuoto. La religione è la sostanza dell'anima.

Citazione di Adnan Oktar dall'intervista TV DEM e Tv Tempo il dicembre 18, 2009

Il capitalismo è stato fondato sul Darwinismo. Ogni ideologia ufficiale di stato è l'ideologia del Darwinismo.

Estratto dall’intervista TV DEM e TV Tempo di Adnan Oktar il 13 novembre 2009

Se una persona dice: “ho fatto qualcose”, questo è politeismo. Quello che dovrebbe dire è: “Dio l'ha fatto per mezzo di me”.

Quotazione dall'intervista di Adnan Oktar il 2 febbraio 2010